Ricorso della Regione  Marche,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con  deliberazioni
della Giunta regionale n. 1506 del 12 novembre 2018 e n. 1558 del  19
novembre 2018, rappresentato e difeso dagli  avvocati  prof.  Stefano
Grassi       (codice       fiscale       GRSSFN45T05D612X;        pec
stefanograssi@pec.ordineavvocatifirenze.it) e Gabriella De Berardinis
(codice           fiscale            DBRGRL60S43E783L;            pec
avv.gabrielladeberardinis@legalmail.it) ed elettivamente  domiciliato
presso lo studio dell'avv.  prof.  Stefano  Grassi  in  Roma,  piazza
Barberini n. 12, come da procura speciale in calce al presente atto, 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  pro  tempore,  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 13, commi 02,  03  e  04,  decreto-legge  25
luglio 2018, n. 91  [Proroga  di  termini  previsti  da  disposizioni
legislative], come convertito  in  legge,  con  modificazioni,  dalla
legge 21 settembre 2018, n. 108, pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
21 settembre 2018, n. 220, per violazione degli articoli  3,  5,  97,
11, 114, 117, primo e terzo comma, 118, primo comma, e 119,  primo  e
secondo comma, della Costituzione. 
1. Premessa. 
    Con il presente atto la Regione Marche impugna le norme  indicate
in epigrafe di cui al decreto-legge n. 91 del 2018,  come  convertito
in legge dalla legge n. 108 del 2018. 
    Prima, pero', di illustrare  le  censure  di  incostituzionalita'
avverso  tali  norme,  corre   l'obbligo   di   ricostruire,   seppur
sinteticamente, il quadro normativo entro il quale queste  ultime  si
inseriscono. 
    1.1. In  forza  del  combinato  disposto  dei  commi  140  e  141
dell'art. 1, legge 11 dicembre 2016, n.  232,  sono  state  stanziate
risorse per il finanziamento - tra l'altro - dei progetti selezionati
nell'ambito  del  Programma  straordinario  di  intervento   per   la
riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie  delle  citta'
metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia di cui all'art.  1,
comma 974, legge 28 dicembre 2015 n. 208, volto  «alla  realizzazione
di  interventi  urgenti  per  la  rigenerazione  delle  aree   urbane
degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della
qualita'   del   decoro   urbano,   di    manutenzione,    riuso    e
rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture  edilizie
esistenti, rivolti all'accrescimento della sicurezza  territoriale  e
della  capacita'  di  resilienza  urbana,  al   potenziamento   delle
prestazioni urbane anche con riferimento alla mobilita'  sostenibile,
allo sviluppo di pratiche,  come  quelle  del  terzo  settore  e  del
servizio civile, per l'inclusione sociale e per la  realizzazione  di
nuovi  modelli  di  welfare  metropolitano,  anche  con   riferimento
all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi  sociali  e
culturali, educativi e didattici, nonche' alle attivita' culturali ed
educative promosse da soggetti pubblici e privati».  In  particolare,
il menzionato comma 140 dell'art. 1  della  legge  n.  232  del  2016
stabilisce che l'utilizzo delle risorse ivi contemplate sia  disposto
«con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto  con
i Ministri interessati, in relazione ai  programmi  presentati  dalle
amministrazioni centrali dello Stato», mentre il  comma  141  dispone
che «Al fine di garantire  il  completo  finanziamento  dei  progetti
selezionati nell'ambito del Programma straordinario di intervento per
la riqualificazione urbana  e  la  sicurezza  delle  periferie  delle
citta' metropolitane e dei comuni  capoluogo  di  provincia,  di  cui
all'art. 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,
a integrazione delle  risorse  stanziate  sull'apposito  capitolo  di
spesa e di quelle assegnate ai  sensi  del  comma  140  del  presente
articolo,  con  delibera  del  Comitato  interministeriale   per   la
programmazione economica (CIPE) sono destinate  ulteriori  risorse  a
valere sulle risorse disponibili del  Fondo  per  lo  sviluppo  e  la
coesione per il periodo di programmazione 2014-2020». 
    Rispetto   al   quadro   generale   relativo   all'individuazione
dell'ammontare delle risorse destinate al finanziamento dei  progetti
ricompresi nel Programma, i commi 975 ss. dell'art. 1, legge  n.  208
del 2015, delineano la specifica procedura attraverso la  quale  tali
risorse vengono assegnate agli enti promotori dei progetti: procedura
che culmina, ai sensi del comma 977, nell'individuazione, con  uno  o
piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, dei  progetti
da inserire nel Programma «ai fini della stipulazione di  convenzioni
o accordi di programma con gli enti promotori dei progetti  medesimi.
Tali convenzioni  o  accordi  di  programma  definiscono  i  soggetti
partecipanti alla realizzazione dei progetti, le risorse finanziarie,
ivi incluse quelle a valere sul Fondo di cui al comma 978, e i  tempi
di attuazione dei progetti medesimi, nonche' i criteri per la  revoca
dei finanziamenti in caso di inerzia  realizzativa».  E'  sulla  base
delle convenzioni stipulate, dunque, che gli enti locali danno  avvio
alle procedure necessarie alla realizzazione  dei  progetti  inseriti
nel Programma, facendo affidamento sulle  risorse  assegnate,  ovvero
impegnandole a tali fini. 
    1.2. Tanto premesso, con l'art. 13, comma 02,  del  decreto-legge
25 luglio 2018, n. 91, convertito con modificazioni  dalla  legge  21
settembre 2018, n. 108, e'  stato  disposto  che  «L'efficacia  delle
convenzioni concluse sulla base  di  quanto  disposto  ai  sensi  del
decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  29  maggio  2017,
pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  n.  148  del  27  giugno  2017,
nonche' delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72  del  7
agosto 2017, adottate ai sensi dell'art. 1, comma 141, della legge 11
dicembre 2016, n. 232, e' differita all'anno 2020.  Conseguentemente,
le  amministrazioni  competenti  provvedono,   ferma   rimanendo   la
dotazione complessiva loro assegnata, a rimodulare i relativi impegni
di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo per lo sviluppo  e
la coesione». In altri termini, la disposizione de qua blocca fino al
2020  l'utilizzo  delle  risorse  individuate  con  il  decreto   del
Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e con le  citate
delibere del CIPE - attuativi dei commi 140 e 141 dell'art. 1,  legge
n. 232 del 2016  -  e  successivamente  assegnate  sulla  base  delle
convenzioni stipulate con gli enti promotori dei progetti  ricompresi
nel Programma straordinario di  intervento  per  la  riqualificazione
urbana e la sicurezza delle periferie delle  citta'  metropolitane  e
dei comuni capoluogo di provincia. 
    1.3. Infine, il comma 03 dell'art. 13, decreto-legge  n.  91  del
2018,  prevede  che  «gli   effetti   positivi   sul   fabbisogno   e
sull'indebitamento  netto»  derivanti  dal  «blocco»  delle   risorse
disposto dal comma 02 della medesima disposizione,  «quantificati  in
140 milioni di euro per l'anno 2018, 320 milioni di euro  per  l'anno
2019, 350 milioni di euro per l'anno 2020 e 220 milioni di  euro  per
l'anno 2021», siano destinati al fondo di cui al comma 04, ovvero  ad
«un apposito fondo da utilizzare per favorire gli investimenti  delle
citta' metropolitane, delle  province  e  dei  comuni  da  realizzare
attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi
precedenti». 
    1.4. Rispetto al «blocco» delle  convenzioni  disposto  dall'art.
13, comma 02, del decreto-legge n. 91 del 2018, il 18 ottobre  scorso
e' intervenuto un accordo in sede di Conferenza Unificata (cfr.  doc.
3). 
    Nell'accordo, in particolare, e' stata condivisa  «l'opportunita'
che venga prevista nella legge di bilancio per il 2019 una  serie  di
disposizioni in base alle quali: le convenzioni in essere  con  i  96
enti successivi ai primi 24 [riferiti ad interventi finanziari con il
Fondo istituito ai sensi dell'art.  1,  comma  978,  della  legge  28
dicembre 2015, n. 208]  beneficiari  delle  risorse  statali  per  il
"piano periferie" producono nuovamente effetti finanziari  dal  2019;
tali effetti sono limitati al  rimborso  delle  spese  effettivamente
sostenute e documentate e dovranno a  tal  fine  essere  adeguate  le
convenzioni esistenti; le risorse relative  alle  economie  di  spesa
prodotte  nel  corso  degli  interventi  rimangono   nel   Fondo   di
provenienza,  per  essere  destinate  a  interventi  per   spese   di
investimento dei  comuni  e  delle  citta'  metropolitane;  le  nuove
disposizioni trovano copertura negli stanziamenti residui  del  Fondo
sviluppo e coesione, con  le  stesse  finalita';  le  convenzioni  in
essere debbono essere conseguentemente adeguate». 
    Quindi, sono state individuate le disposizioni che, a  tal  fine,
dovrebbero essere inserite nella legge di bilancio per il  2019  (per
cui,  alla  data  odierna,  e'  in  corso  l'iter   di   approvazione
parlamentare). 
    L'accordo, dunque, se e a  condizione  che  fosse  effettivamente
seguito dall'adozione delle disposizioni normative  ivi  prefigurate,
avrebbe l'effetto di «sbloccare» le risorse gia' impiegate dai comuni
per finanziare  i  progetti  ricompresi  nel  piu'  volte  menzionato
Programma. Poiche', tuttavia, tale accordo  e'  vincolante  solo  sul
piano strettamente politico, esso, considerato in se' e per  se',  ad
oggi non fa venir meno l'interesse attuale e concreto  della  odierna
ricorrente a impugnare le norme indicate in epigrafe a  tutela  delle
sfere di autonomia costituzionalmente riconosciute agli  enti  locali
della regione e alla regione medesima, per le ragioni che di  seguito
si espongono. 
2. Sull'ammissibilita' dell'odierno ricorso. 
    2.1. Prima di illustrare le censure regionali avverso l'art.  13,
commi 02, 03 e 04, del decreto-legge n. 91 del 2018, corre  l'obbligo
di sottolineare che esse  hanno  l'obiettivo  di  assicurare  tutela,
principalmente,  alla  sfera  di  autonomia  dei  comuni  marchigiani
colpiti dagli effetti delle citate norme. Si tratta, in  particolare,
dei Comuni di Ancona, Fermo, Macerata, Urbino e  Pesaro,  ovvero  dei
comuni   beneficiari   del    Programma    straordinario    per    la
riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, ad esclusione
del Comune di Ascoli Piceno che non e' interessato dal «blocco» delle
risorse disposto dalle norme impugnate. 
    D'altronde, secondo un consolidato  orientamento  espresso  dalla
giurisprudenza di  questa  Corte,  «le  regioni  sono  legittimate  a
denunciare la legge statale anche per la lesione  delle  attribuzioni
degli  enti  locali,  indipendentemente  dalla  progettazione   della
violazione  della  competenza  legislativa  regionale»,  perche'  «la
stretta  connessione,  in  particolare  [...]  in  tema  di   finanza
regionale e locale, tra le  attribuzioni  regionali  e  quelle  delle
autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenze
locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle
competenze regionali» (cfr., ex multis, sentt. n. 298  del  2009,  n.
169 e a 95 del 2007, a 417 del 2005 e n. 196 del  2004,  n.  311  del
2012). 
    2.2. L'ammissibilita' del presente  ricorso,  peraltro,  discende
non solo dalla sicura legittimazione ad agire della Regione Marche  a
tutela degli enti locali situati sul relativo  territorio,  ma  anche
dalla  circostanza  che  tale  legittimazione  si   accompagna   alla
sussistenza di un interesse  attuale  e  concreto  a  ricorrere,  dal
momento che a favore dei  comuni  marchigiani  di  Macerata,  Ancona,
Pesaro, Fermo e Urbino, rientranti nella  graduatoria  approvata  con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  6  dicembre  2016,
erano gia' state stanziate le risorse (al  Comune  di  Macerata  12,5
milioni di euro; al Comune di Ancona 12 milioni di euro; al Comune di
Pesaro 11,2 milioni di euro; al Comune di Fermo 8,6 milioni di  euro;
al Comune di Urbino 6,5 milioni di euro: cfr. doc.  4)  poi  bloccate
dalle disposizioni censurate nel presente giudizio. 
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi  02,  03  e  04,
decreto-legge  n.  91  del  2018,  come  convertito  in  legge,   per
violazione del principio di legittimo affidamento.  Violazione  degli
articoli 3, 11 e 117, primo  comma,  della  Costituzione.  Ridondanza
delle censure sulla sfera di autonomia di  entrata  e  di  spesa  dei
comuni,  nonche'  sull'autonomia  finanziaria  e  amministrativa  dei
medesimi. Violazione degli articoli 5, 114, 119 e 118,  primo  comma,
della Costituzione. 
    3.1. Il combinato disposto di cui ai commi 02, 03 e 04  dell'art.
13, decreto-legge n. 91  del  2018,  come  convertito  in  legge,  ha
l'effetto di bloccare fino al 2020  le  risorse  gia'  impegnate  dai
comuni ai fini del finanziamento dei progetti inseriti nel  Programma
straordinario di intervento  per  la  riqualificazione  urbana  e  la
sicurezza delle periferie delle citta'  metropolitane  e  dei  comuni
capoluogo di provincia, per «spostarle» in un apposito fondo. 
    In questo modo le disposizioni de quibus incidono  profondamente,
con effetti  sostanzialmente  retroattivi,  su  un  quadro  giuridico
consolidato  che  regola  rapporti  gia'  avviati,  e  sul  quale  le
amministrazioni  comunali  coinvolte  avevano  legittimamente   fatto
affidamento. 
    Proprio questo e' il profilo  di  criticita'  piu'  significativo
delle norme in esame, poiche', come  e'  noto,  questa  Ecc.ma  Corte
costituzionale ha piu' volte affermato «che in materia non penale  la
legittimita' di leggi retroattive e'  condizionata  dal  rispetto  di
altri principi costituzionali e,  in  particolare,  di  quello  della
tutela del ragionevole, e quindi legittimo, affidamento (ex plurimis,
sentenze n. 446 del 2002 e n. 234 del 2007)» (sent. n. 364 del  2007,
par. 4 del Considerato in diritto). 
    La  gravita'  e  definitivita'  del  pregiudizio  arrecato   alle
amministrazioni comunali, con la corrispondente lesione del legittimo
affidamento, basterebbero da sole per evidenziare la irragionevolezza
della previsione qui contestata e dunque  la  conseguente  violazione
dell'art. 3, primo comma, Cost. A cio' si aggiunga che a  fondare  la
violazione del principio del legittimo affidamento e' l'insussistenza
di cause che ne escludano la legittimita', posto che  esso  dipendeva
da precedenti atti normativi dei pubblici poteri,  pienamente  validi
ed efficaci, nonche' da convenzioni attuative dei medesimi. 
    Il «blocco» delle risorse destinate al finanziamento dei progetti
ricompresi nel menzionato Programma determina, inoltre, la violazione
degli articoli 11  e  117,  primo  comma,  Cost.,  poiche',  come  e'
risaputo, il principio del legittimo affidamento e'  da  molto  tempo
riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia  UE  quale
principio di fondamentale importanza del diritto dell'Unione europea.
La sua  violazione,  dunque,  ridonda  nella  lesione  dei  parametri
costituzionali sopra richiamati, posti a garanzia dell'osservanza, da
parte  del  legislatore  nazionale,  delle  norme  e   dei   principi
fondamentali  dell'ordinamento  dell'Unione   europea,   cosi'   come
interpretati dalla giurisprudenza della  Corte  di  giustizia,  nella
misura  in  cui  si  verta  nell'ambito  di  una   delle   competenze
dell'Unione. Nel  caso  di  specie,  vengono  certamente  in  rilievo
«materie» di competenza dell'Unione: basti pensare  all'«ambiente»  e
alla «politica sociale» di cui all'art. 2, par.  4,  rispettivamente,
lettere e) e b), del TFUE; nonche' alla «cultura» e  all'«istruzione»
di cui all'art. 6, rispettivamente,  lettere  c)  ed  e),  del  TFUE.
Infatti, il Programma straordinario nel  quale  sono  ricompresi  gli
interventi finanziati con le risorse «bloccate» dalle norme impugnate
e' finalizzato a «alla realizzazione di  interventi  urgenti  per  la
rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di
progetti di  miglioramento  della  qualita'  del  decoro  urbano,  di
manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione  delle  aree  pubbliche  e
delle strutture edilizie esistenti, rivolti  all'accrescimento  della
sicurezza territoriale e della capacita'  di  resilienza  urbana,  al
potenziamento delle prestazioni urbane  anche  con  riferimento  alla
mobilita' sostenibile, allo sviluppo di  pratiche,  come  quelle  del
terzo settore e del servizio civile, per l'inclusione sociale  e  per
la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con
riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi
sociali e culturali, educativi e didattici,  nonche'  alle  attivita'
culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati». 
    Vertendosi, dunque, in buona  parte  nell'ambito  di  materie  di
competenza  dell'Unione  europea,   non   puo'   non   prendersi   in
considerazione e ritenere pienamente applicabile al  caso  di  specie
anche lo statuto giuridico  che  la  giurisprudenza  della  Corte  di
giustizia UE, nel corso  degli  anni,  ha  delineato  ai  fini  dello
scrutinio di legittimita' degli interventi caratterizzati da  profili
di retroattivita'. 
    Al riguardo, giova il rilievo secondo il  quale  la  disposizione
qui in discussione non rispetta  alcuna  delle  due  condizioni  che,
secondo la Corte di giustizia,  devono  ricorrere  affinche'  possano
porsi  norme  con  caratteri  di   retroattivita',   ossia:   a)   la
«necessarieta'»  di  tali  caratteri  ai   fini   del   perseguimento
dell'interesse pubblico in questione (ad es. sentt. 30 settembre 1982
in  C-108/81,  19  maggio  1982   in   C-84/81);   b)   il   rispetto
dell'affidamento degli interessati (sent. 14 luglio 1983 in C-224/82)
ove sia meritevole di tutela (sent. Fedesa in C-331/88),  lesi  dalla
«imprevedibilita'»  della  modifica  normativa  (sent.  Gerkesen   in
C-459/02). 
    Quanto  al  requisito  sub  a),  e'  agevole   notare   come   la
configurazione della misura in esame come retroattiva non sia affatto
necessaria, dal momento che il «blocco» in questione ha il solo  fine
di spostare le risorse che ha ad oggetto su un fondo  destinato  alle
medesime finalita' alle quali esse erano state destinate: si  tratta,
in altri termini, di  una  misura  meramente  dilatoria,  che  sposta
avanti nel tempo l'utilizzabilita' di risorse, nonostante esse  siano
state in buona parte gia' spese. 
    Quanto al requisito sub  b),  e'  sufficiente,  in  questa  sede,
riferirsi alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE gia'  sopra
richiamata. In essa, ad esempio, si evidenzia con assoluta  chiarezza
la possibilita' di far valere il principio della tutela del legittimo
affidamento «nei confronti di una regolamentazione» nel caso  in  cui
«i pubblici poteri hanno essi stessi precedentemente determinato  una
situazione tale da ingenerare un legittimo affidamento» (si veda,  in
tal senso, la sentenza Gerkesen in C-459/02, che  richiama  anche  la
sentenza 15 gennaio 2002, in C-179/00, Weidacher, Racc.  pag.  I-501,
punto 31). O  ancora,  rileva  sul  punto  quanto  evidenziato  dalla
sentenza 14 luglio 1983 in C-224/82, secondo  la  quale  deve  essere
tutelato l'affidamento dei soggetti che «non potevano ragionevolmente
presumere» un cambio di regolamentazione. Ebbene, non vi e'  chi  non
veda come ambedue i caratteri ricorrano nel presente caso, posto  che
- ovviamente - l'affidamento e' stato ingenerato da atti dei pubblici
poteri perfettamente validi e vigenti e addirittura dalla  successiva
stipula delle convenzioni di cui al comma 977 dell'art. 1,  legge  n.
208 del 2015, con le quali venivano assegnate ai  comuni  le  risorse
necessarie  per  finanziare  i  progetti   inseriti   nel   Programma
straordinario di intervento  per  la  riqualificazione  urbana  e  la
sicurezza delle periferie delle citta'  metropolitane  e  dei  comuni
capoluogo di provincia. 
    In base alle precedenti considerazioni, devono  dunque  ritenersi
violati i seguenti parametri costituzionali: 
        l'art. 3, primo comma, Cost.,  e  il  connesso  principio  di
ragionevolezza, al quale la giurisprudenza costituzionale consolidata
riferisce il principio della tutela del legittimo affidamento (tra le
piu' recenti, cfr. Corte costituzionale, sentt. nn.  108  e  203  del
2016); 
        gli articoli 11 e 117, primo comma, Cost., poiche' i principi
di certezza giuridica e del legittimo  affidamento  sono  sanciti  in
modo chiaro e rigoroso da una cospicua giurisprudenza della Corte  di
giustizia UE; dal che consegue che una norma che viola  il  principio
del legittimo affidamento viola anche  le  norme  costituzionali  che
fondano il rispetto, da parte della  legislazione  dello  Stato,  del
diritto dell'UE. 
    3.2. Le violazioni appena  evidenziate,  peraltro,  ridondano  in
modo evidentemente negativo  sul  concreto  esercizio  dell'autonomia
finanziaria  e  di  bilancio  dei  comuni  riconosciuta  e  garantita
dall'art. 119 Cost., poiche' - a seguito dell'entrata in vigore della
disposizione che qui si contesta, e del venir meno delle risorse  che
lo Stato aveva gia' destinato ai progetti in  questione  -  i  comuni
coinvolti si  trovano  costretti  a  procedere  a  una  significativa
modifica del proprio bilancio, sia con riferimento alle  entrate  che
con riferimento alle  spese.  D'altra  parte,  in  conseguenza  della
necessita' di  riprogrammare  la  propria  spesa  in  relazione  alle
attivita' e agli interventi ricompresi nei citati programmi, i comuni
vedono compressa anche la propria autonomia amministrativa,  tutelata
dall'art.  118,  primo  comma,  Cost.,  destinata  ad  esplicarsi  in
relazione agli interventi compresi  nel  Programma  straordinario  di
intervento per  la  riqualificazione  urbana  e  la  sicurezza  delle
periferie delle  citta'  metropolitane  e  dei  comuni  capoluogo  di
provincia. 
    In definitiva, le norme censurate, ledono la sfera  di  autonomia
politica riconosciuta ai comuni, in  quanto  enti  costitutivi  della
Repubblica, dagli articoli 5  e  114  della  Costituzione,  letti  in
combinato disposto con le disposizioni  costituzionali  di  cui  agli
articoli 119 e 118, Cost., poiche' tale lesione si  estrinseca,  piu'
specificamente,  in  una  violazione   della   sfera   di   autonomia
finanziaria e amministrativa dei medesimi. 
4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi  02,  03  e  04,
decreto-legge n. 91 del 2018, per violazione  dell'art.  97,  secondo
comma, della Costituzione e, in particolare, del  principio  di  buon
andamento della pubblica amministrazione. 
    Quanto illustrato nel paragrafo precedente,  peraltro,  mette  in
luce come il combinato disposto di cui ai commi 02, 03 e 04 dell'art.
13, decreto-legge n. 91 del 2018, determini una palese violazione del
principio di buon andamento della  pubblica  amministrazione  di  cui
all'art. 97, secondo comma, Cost. Infatti, il  blocco  delle  risorse
disposto dalle norme citate interviene,  come  detto,  nel  corso  di
procedure gia' avviate dalle amministrazioni  comunali  in  relazione
alle funzioni  connesse  agli  interventi  rientranti  nel  Programma
straordinario di intervento  per  la  riqualificazione  urbana  e  la
sicurezza delle periferie delle citta'  metropolitane  e  dei  comuni
capoluogo di provincia, vanificando di fatto  il  complesso  processo
amministrativo ed organizzativo posto in essere dagli enti  attuatori
del citato Programma. In conseguenza  di  cio',  le  norme  impugnate
arrecano  un  sicuro  pregiudizio  al   principio   di   economicita'
dell'azione  amministrativa,  inteso  quale   corollario   del   buon
andamento della pubblica amministrazione. 
    A cio' si aggiunga che gia' la giurisprudenza  di  questa  Ecc.ma
Corte ha avuto modo  di  rilevare  come  «la  lesione  dell'autonomia
finanziaria  si   rifletta   inevitabilmente   sul   buon   andamento
dell'azione amministrativa in quanto  la  diminuzione  delle  risorse
[...], "in assenza di correlate misure che ne possano giustificare il
dimensionamento  attraverso  il  recupero   di   efficienza   o   una
riallocazione  di  parte  delle  funzioni  a  suo  tempo   conferite"
(sentenza  n.  188  del  2015),  costituisce  una  menomazione  della
autonomia stessa, che comporta contestualmente un  grave  pregiudizio
all'assolvimento  delle  funzioni  attribuite»   dalla   legislazione
vigente. 
5. Illegittimita' dell'art. 13, commi 02, 03 e 04,  decreto-legge  n.
91 del 2018, per violazione del principio di equilibrio  di  bilancio
di cui agli articoli 81, primo somma, e 119, primo comma, Cost. 
    Il sopravvenuto venir meno delle risorse assegnate ai comuni  con
le convenzioni di cui al comma 977 dell'art.  1,  legge  n.  208  del
2015, oltre a determinare un vulnus  all'autonomia  amministrativa  e
finanziaria di tali enti, comporta altresi' una grave violazione  del
principio di equilibrio di bilancio - sancito innanzitutto  dall'art.
81, primo comma, Cost. - che i medesimi enti sono tenuti a rispettare
in forza  dell'art.  119,  primo  comma,  Cost.  Cio'  in  quanto  la
sospensione, in corso d'esercizio finanziario,  dell'efficacia  delle
convenzioni  stipulate  determina  una   improvvisa   e   del   tutto
imprevedibile mancanza di copertura  finanziaria  delle  obbligazioni
gia' assunte dagli enti locali - sulla base delle risorse  attribuite
loro in forza di tali convenzioni - e cio' comporta inevitabilmente a
carico dei comuni  l'insorgere  di  spese  non  coperte  da  relativa
entrata. 
6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi  02,  03  e  04,
decreto-legge  n.  91  del  2018,  per  violazione  della  competenza
legislativa concorrente regionale in materia di «coordinamento  della
finanza pubblica» e di «governo del territorio» di cui all'art.  117,
terzo comma della Costituzione. 
    Infine,  il  «blocco»  disposto  dal  comma  02   dell'art.   13,
decreto-legge n. 91 del 2018, nella parte in  cui  produce  l'effetto
che le convenzioni di cui all'art. 1, comma 977,  legge  n.  208  del
2015, siano sospese fino al 2020,  non  puo'  in  alcun  modo  essere
considerato un «principio fondamentale di coordinamento della finanza
pubblica», in quanto pone un vincolo puntuale, concreto,  assoluto  e
autoapplicativo all'autonomia finanziaria degli enti locali coinvolti
nel Programma straordinario di  intervento  per  la  riqualificazione
urbana e la sicurezza delle periferie delle  citta'  metropolitane  e
dei comuni capoluogo di provincia. 
    In  questo  modo  la  norma  de  qua  fuoriesce  dalla  sfera  di
competenza  statale  in  materia  di  «coordinamento  della   finanza
pubblica», dal momento che, come ricordato  da  questa  Ecc.ma  Corte
anche di recente, «norme statali che fissano limiti alla spesa  delle
regioni  e  degli   enti   locali   possono   qualificarsi   principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla condizione,
tra l'altro, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio  della
medesima,  intesi  nel   senso   di   un   transitorio   contenimento
complessivo, anche se non generale, della spesa corrente (ex  multis,
tra le piu' recenti, sentenze n. 65 del 2016, n. 218  e  n.  189  del
2015; nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2014, n. 236  e  n.  229
del 2013, n. 217, n. 193 e n. 148 del 2012, n. 182 del 2011)»  (cosi'
sentenza n. 154 del 2017). Le norme in esame,  invece,  nel  limitare
l'autonomia di spesa dei comuni, non operano affatto nel senso di  un
contenimento complessivo di quest'ultima, ma alla stregua di un secco
e puntuale divieto di utilizzabilita' delle risorse gia' stanziate  e
gia'  assegnate  agli  stessi  per  ciascuno  dei  singoli   progetti
presentati.  In  conseguenza  di  cio',  oltre  alle  gia'  lamentate
violazioni   delle   prerogative   e   delle   sfere   di   autonomia
costituzionalmente riconosciute ai comuni della regione, si  viene  a
determinare  una  palese  e  illegittima   compressione   sia   della
corrispondente parte di competenza legislativa regionale  concorrente
nella materia del «coordinamento della  finanza  pubblica»,  sia,  in
ragione della prevalente destinazione delle risorse «bloccate», della
competenza legislativa  regionale  nella  materia  del  «governo  del
territorio».